Alessio DELI
Le sculture magmatiche
Cortona: Luglio 2012
Lamiere, ferri arrugginiti, addizionati a plastiche deformate, connotano le sculture macerate di Alessio Deli. Vi è in esse una matericità consunta, lacerata, che rimanda ai fermenti vitalistici di un particolare naturalismo pittorico. Se in quest’ultimo foglie, radici, sottobosco si amalgamano divenendo materia primordiale, putrescente, humus biblico per una nuova creazione, la ruggine che aggredisce le lamiere utilizzate da Deli, imprimendo corrosioni e colorazioni fortemente naturali, determina in scultura, la simbolica direttrice parallela alle dissolvenze di quel naturalismo.
L’ossidazione della materia diviene, in tale ottica, occasione di riscatto dell’essere, possibilità di ricrearsi incessantemente, di recuperare quella spiritualità del “tempo e del mestiere di vivere” usurpata, offesa, vilipesa dal relativismo dilagante dell’odierna società,generatore di un “male oscuro”: il male della solitudine, della incomunicabilità di esseri sempre più chiusi e votati a formare una immensa folla solitaria, dissolta, incerta, deambulante in un clima sociale sempre più liquido, privo di valori e solide certezze. Il materiale di recupero per Deli non assolve solo alla semplice funzione riutilizzatrice; la sua visione non si limita alla polemica ecologica o alle citazioni che spaziano dal New Dada alla Pop Art o al Materismo Informale; essa è una visione “oltre”, tesa a proporre una rinascita umana fondata sulla liberazione dell’uomo in grado di uscire, appunto, dal suo stato di solitudine.
L’operazione estetica di Deli vuole riconsegnare all’essere umano la responsabilità ed il piacere della riflessione, dell’ascolto di se stesso e la capacità di percepire che l’uomo non è un ente gettato nell’esistenza, ma per volere di un’armonia sacrale, divina, è progettato per l’esistenza.
Il suo tempo, pertanto, come afferma Arnold Hauser in un riferimento alla visione di Bergson: “non è più principio di dissoluzione e distruzione, l’elemento in cui le idee perdono il loro valore,la vita e lo spirito la loro sostanza, ma anzi è la forma in cui noi diventiamo padroni e consci del nostro essere spirituali.” Essere progettati per esistere e vivere un tempo antitetico alla dissolvenza!
E’ questo il fondamento polemico e pervaso di speranza alla base degli ultimi lavori di Deli: mitra realizzati con oggetti di recupero, oggetti trovati come le semplici serrature trasformate in ironica caricatura di un caricatore di arma!
Deli esalta metaforicamente la riutilizzazione dell’oggetto povero per dirci di guerre combattute tra poveri e gestite da ricchi;gli viene naturale dirlo con il mezzo efficace della scultura dinnanzi all’ultima delle guerre,quella di Libia, lo scatolone di sabbia dove,come dice Giorgio Bocca: “non c’è nemmeno la bella Elena”. Una guerra incomprensibile,come tutte le guerre,o forse comprensibile ,afferma sempre Bocca, solo per: “la fame di energia di Francesi ed Inglesi, la voglia di mettersi alla prova dei generali e il business della ricostruzione”.
L’azione dell’artista è vitale e propositiva poiché combatte quella angosciante atmosfera sintetizzata poeticamente da Quasimodo per cui: “Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera” o ci riporta a quanto Seneca dice a Lucilio: “Et si volueris attendere,maxima pars vitae elabitur male agentibus, magna nihil agentibus, tota vita aliud agentibus.”….”Prova a pensarci, gran parte della vita ci scappa via mentre agiamo in modo sbagliato, la maggior parte mentre stiamo senza far niente e l’intera esistenza trascorre in occupazioni inutili e che non ci riguardano veramente”.
Maria Laura Perilli