Roberta Coni
Cortona: 2 Giugno - 19 Giugno 2011
Infibulazioni, aborti, abusi di natura sessuale e psicofisica danno ampia ragione ad un passo di Camilla Ravera del 1921 riportato in una mostra da me curata nel 2010 dal titolo “L’energia è Donna”. La famosa militante affermava: “ Schiavo del capitale, l’uomo, corrotto dalla sua stessa schiavitù, cerca di prendere la rivincita soggiogando la donna, sfruttandola e martirizzandola. Estenuato da un lavoro senza gioia e senza ideale, l’uomo cerca oblio nell’alcool, nella crapula; la donna, custode del focolare, ne è sempre la vittima. E’ la donna che prepara la carne da cannone, la carne da sfruttare, la carne da piacere. La donna non diventerà libera che quando l’uomo sarà libero.” La violenza sulla donna si presenta con aspetti molteplici e specificità connesse alle singole aree geografiche del mondo. Preme, in questa sede, soffermarmi sul MAGHREB, oggi percorso da aneliti di libertà; esso è sempre stato per il mondo femminile disseminato di barriere laceranti; lì’ le donne “ non rappresentano ancora una forza capace di contrastare e/o incidere sulle decisioni politiche, tuttavia uno dei risultati delle aperture politiche è stato il riconoscimento di varie associazioni di donne; inoltre esse hanno acquisito una nuova consapevolezza e cercano di tracciare strategie comuni transnazionali ”. Rimane fermo, comunque, che l’emancipazione della donna nel mondo arabo, non è raggiungibile con l’adozione, a tutti i costi, di modelli di vita occidentale, al punto di rinunciare alla propria tradizione culturale, se non addirittura arrivando a negarla. La donna araba ha tutto il diritto di proteggere la propria identità analizzando, criticando e ridefinendo il proprio mondo culturale senza doverlo, necessariamente, uniformare a parametri che le sono alieni. Eppure, in un pianeta umano così complesso e difficile quale il MAGHREB, alcune donne sono riuscite a divenentare esempio di lotta per le altre; il riferimento è a due artiste maghrebine quali CHAIBIA TALLAL e BAYA MAYEDDINE, oggi scomparse. Di Chaibia dice la scrittrice Fatema Mernissi: “Io la ammiro perché in una società programmata per umiliare la donna ha smontato i suoi meccanismi; senza premeditazione, senza uso di alcuna arma, la ricerca della dignità è diventata il riflesso più naturale per la sopravvivenza con o senza diplomi. Ci sono delle società che organizzano l’umiliazione dell’individuo nello stesso modo che organizzano la sicurezza sociale e le ferie pagate. Nella nostra società si ha l’abitudine di dire che quelli che non hanno avuto la fortuna di apprendere a leggere e scrivere non accedono alla creazione: solo i collezionisti di titoli avrebbero la licenza di creare. Gli altri, come la stessa Chaibia, ugualmente a mia madre o mia cugina che hanno avuto la sfortuna di essere nate qualche anno prima di me e lontano dalle grandi città sono interdette agli spazi della creazione. Chaibia fa parte di quelli a cui era vietato di vivere negli spazi della creazione; è entrata sulla scena sconvolgendone scenari e scenografi, attori e suggeritori, riorganizzando i miraggi del bello secondo la propria legge,quella del talento”. Baya Mayeddine non è stata da meno; anche a lei la lotteria biologica umana ha riservato origini modeste. Non ha frequentato scuole e non ha potuto prendere contatto con il mondo dell’arte professionale allora riservato a persone di livello sociale elevato. Autodidatta era priva di qualsiasi educazione, eppure riuscì a rapire Picasso al punto che il grande genio amava ammirarla in silenzio, lei ancora fanciulla, mentre dipingeva! Il desiderio di Picasso era quello di raggiungere nei suoi lavori lo stato di innocenza di Baya .Operazione riuscita, salvo poi dimenticare di rendere immortale Baya non citandola nei suoi diari. Miserie di uomo e di genio! Baya e Chaibia, due donne dolci e forti come la seta, le cui idee, parafrasando una recente canzone, sono state come farfalle alle quali nessuno ha potuto togliere le ali. Roberta Coni, come le due artiste maghrebine, ha votato la sua vita all’arte ed anch’essa, pur se fornita del potente strumento della cultura, deve, nel nostro mondo occidentale, dibattersi in una quotidianità sottilmente ostile. Essa è, comunque, come Baya e Chaibia, caparbia; ha in se “la forza creativa del dubbio” e la consapevolezza che “solo attraverso le domande si va avanti nella vita”; crede nelle sue capacità, consapevole del suo naturale talento d’artista ed altrettanto consapevole che per una donna la strada dell’arte, quella senza scorciatoie, lontana dal sensazionalismo diffuso e dai giochi economici, è disseminata di insidie e sacrifici; per questo la sua produzione artistica si traduce costantemente in strumento di lotta per il raggiungimento di una meritata affermazione. Le sue opere, però, al contrario di tanta arte odierna, di stampo nichilista, affermano la possibilità di comunicare, denunciare senza rinunciare al bello come utopia indispensabile. I volti delle sue donne portano i colori di tutti i continenti. I loro occhi celano sovente una comune velata tristezza; esprimono l’immagine della loro anima calata in un mondo incerto che osservano e vivono con sempre più preoccupati presentimenti. Per le donne di Roberta Coni il rispetto del mondo femminile passa attraverso una rivoluzione della mentalità maschile e femminile; per loro la parità non è tra uomo e donna - figure distinte - ma tra essere umano ed essere umano; donne totalmente in linea con quanto afferma Caroline Bourgeois: “la vera parità sarà quando si annullerà l’identità sessuale nel giudicare”. Il tessuto pittorico che le rappresenta fonda su una tecnica antica, di consumata esperienza laddove velature, intersezioni di giochi chiaroscurali, improvvise colature, sottolineano la profonda conoscenza da parte dell’artista della “ bella pittura”, di quella pittura che spazia da Vermeer a Rembrandt senza tralasciare moderni come Lucien Freud e per alcuni particolari il nostro affascinante Fausto Pirandello. Tuttavia al di là delle citazioni e del fatto tecnico, Roberta è capace di restituire “all’immagine una forma parola che pur presentandosi in veste di oggetto reale e nel contesto di uno spazio reale, non è finalizzata alla rappresentazione della propria realtà o all’esperienza esclusiva dell’interiorità dell’artista, ma come da sempre accade nella vera poesia diviene cifra significabile nel tempo e nel luogo di quei soggetti che con essa si confrontano e si confronteranno in futuro”. Allora ogni essere umano coglierà, al di là del fatto emozionale, che la bellezza delle opere di Roberta fa emergere il significato più recondito del messaggio: segni, pieghe dell’epidermide, sguardi, sono la testimonianza del progressivo vissuto di ogni donna, delle sue ansie, delle sue lotte e della caparbietà della sua anima conquistatrice.
Maria Laura Perilli