Il Gioco dell'ingranaggio
Cortona: Maggio 2011
MARCELLO TOMA
Il gioco dell’ingranaggio nei dipinti di Marcello Toma assume la forza di una metafora connessa a molteplici aspetti dell’odierno esistere. E’ metafora che interessa:” processi che possono essere smontati in attività non sovrapposte, togliendo valore ad ogni approccio unitario alla vita e alla cultura” e le “ difficoltà delle relazioni interpersonali”. In realtà, la visione parcellizzata del vivere e della cultura e le difficoltà relazionali, nell’uomo odierno camminano di pari passo; esse assumono il risultato di un processo che trova origine nella industrializzazione e sistematizzazione del meccanismo produttivo tipico della catena di montaggio. L’uomo presiede, così, ad una funzione, ad un momento della linea produttiva ma non ha cognizione alcuna del risultato globale; non è a conoscenza, cioè, di quello che, ad esempio, nella psicologia della GESTALT analizza tutti gli stadi formanti della forma. Relegato ad un lavoro parcellizzato,all’uomo sfugge la totalità del disegno,la strategia che porta al risultato finale. Subentra ,così,una frattura tra particolare e totale che si riflette sulla coscienza e sul comportamento umano del singolo. Esso è sempre più prigioniero del suo essere,sempre più monade inutilizzabile per comunicare; laddove ciò viene meno, tra gli uomini si insinua, allora, quell’atteggiamento di distaccata indifferenza che si riflette sul mondo delle relazioni interpersonali,distorcendole. Quelli di Toma sono ingranaggi complessi che, esaltati da “colori metallici e tinte petrolio” ci rendono “ un’atmosfera plumbea, glaciale, densa e vorticosa”. Sono ingranaggi sospesi, quasi fermi nelle loro visioni oscillanti tra i paradossi gestaltici di Escher , mondi ermeneutici, prospettive rimembranti, nel loro DNA, spaccati spaziali Piranesiani. Rotomatismi che incedono lentamente sottolineando il dramma dei tempi frazionati ed imprigionati dell’odierno vivere; le energie che essi trasmettono rischiano, per troppa lentezza, di non ricucire quella totalità dell’essere che può trovare il suo significato solo nel tempo liberato; una dimensione, cioè, capace di consentire ad ogni uomo l’interconnessione consapevole di ogni suo gesto vitale legato sia alla quotidianità che al grande progetto di vita.
Maria Laura Perilli
STEFANO BOLCATO
Diceva F. Schiller:” l’uomo gioca soltanto quando è uomo; egli è interamente uomo soltanto quando gioca”. Il gioco è stato l’oggetto d’analisi di innumerevoli studiosi, tra questi , quel J. Piaget a cui vanno riconosciute osservazioni sistematiche che si sono focalizzate dapprima sul linguaggio ed il pensiero infantile per estendersi, successivamente, in modo graduale, ad una analisi sistematica dell’intero “ arco cognitivo,sociale ed affettivo del bambino”. I passaggi analizzati in relazione all’età ci dicono che sino ai due anni il gioco è strettamente psicomotorio per poi divenire dai due ai sei anni fortemente simbolico e quindi tradursi, dai sei anni in poi, a cardine dell’accettazione delle leggi e dei principi. Il gioco, quindi, in sintonia con l’affermazione di Schiller, rappresenta la base formativa dell’uomo. Nei dipinti di Stefano Bolcato, al di là dei ricordi ludici dell’infanzia, il gioco è solo apparente e sottolinea, pertanto, la serietà e maturità dello “ strumento gioco” laddove esso viene tradotto ed utilizzato in termini di messagio e stimolo all’interpretazione. Il processo costruttivo, tecnico, fondato sull’addizionalità di Toys quali i “LEGO”, diviene pretesto per raccontare “ cronache, tematiche sociali, questioni di vita quotidiana che l’uomo,sempre più chiuso in se stesso e nei propri egoismi, partecipa con distaccata indifferenza. E’ allora che, da artista maturo, Bolcato usa il colore come strumento psicologico: ogni massa volumetrica, strutturata secondo Lego, sia che trattasi di oggetti che di personaggi, è esaltata con tinte forti, brillanti; esse agiscono sull’osservatore risvegliandone lo stato d’animo sopito ed innescando in lui una partecipazione utile a stimolare un processo di auto significazione. Bolcato vuole dirci, cioè, che non siamo ne possiamo essere estranei al gioco; dobbiamo capire, interpretare il messaggio trasmesso con il “gioco apparente” perché esso riguarda fatti ai quali nessuno di noi è o potrebbe essere totalmente estraneo. Non sono consentiti distacchi e distrazioni dal contesto. In ognuna delle scene proposte nei dipinti di Bolcato possiamo trovare qualcosa di noi in un instancabile gioco interpretativo. Mali, fatti, situazioni spiacevoli o non ci riguardano tutti! Qui è il caso di dire e ridire all’infinito con Seneca:” Nessuno è completamente immune dai mali; anche chi è stato a lungo felice avrà la sua parte d’infelicità, sarà solo una proroga non un’esclusione”. Un serio invito al gioco della meditazione!
Maria Laura Perilli