Una lettura superficiale, immediata, dell’opera di Simone Di Micco, porta ad inquadrarlo in un ambito attento al segno americano della Pop Art con una particolare inclinazione verso Andy Warhol. E’ questa l’impressione che scaturisce al primo approccio e che certamente sottolinea la passione di questo artista per quel movimento nato inglese e affermatosi prepotentemente americano. Nei lavori di Simone sembra emergere, ma solo in apperenza, la stessa ‘indifferenza’ di cui Lichtenstein parla in una sua lontana intervista: ‘..La mia non è una critica, solo una osservazione ovvia. Fuori c’è il mondo, è lì. La Pop Art guarda al mondo; sembra accettare il suo ambiente che non è nè buono nè cattivo.' Sono parole queste che suonano come una conferma di quella visione estrema degli artisti pop, ed in particolare di Andy Warhol, verso la società. ‘In Warhol era assente qualsiasi accento critico nei confronti della società; sceglieva cosa dipingere con la sovrana indifferenza di un passante che resta colpito da un’immagine anzichè da un’altra’. La produzione che ne deriva è algida, distaccata, utilizzatrice di tecniche espressive riferite al mondo della segrigrafia e della cartellonistica. E’ qui, però, che Simone compie il distacco, produce la frattura e lo scarto; l’amore per la Pop Art diviene allora, come ogni vero amore, quel tanto critico da consentirci una crescita. La resa d’immagine, quindi, è simile all’apparenza, ma in realtà Simone offre con i suoi mezzi una lettura critica del sociale. Artista italiano, quindi con l’innato senso del ‘luogo’, della tradizione e della storia, ricuce il tempo fratturato riproponendo le odierne icone di riferimento con una tecnica pittorica antica, fatta di velature, colori zonali, tempi lunghi simbolo di riflessioni utili a sovvertire falsi miti imperanti. L’antica metodologia pittorica assume, qui, pertanto, una duplice veste, un duplice messaggio polemico: - contestare la sfera artistica incline a tecniche espressive da catena di montaggio, sempre più frettolosa e legata al quantitativo produttivo, con il solo fine del guadagno facile e del successo immediato; - sottolineare il vuoto degli odierni miti di riferimento, così patinati, malinconici, tesi al solo ‘apparire’. L’antica tecnica, quindi, in queste opere di Simone si fa non solo mezzo espressivo ma processo terapeutico, antidoto meditativo contro un ‘sociale’ sempre più impegnato in una corsa incerta e relativizzante.
Maria Laura Perilli
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